Maspes, Paolo Emilio.

Cartina dell'Italia

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Maspes, Paolo Emilio.

Neurochirurgo italiano. Laureatosi a Torino, intraprese la specializzazione in Neurologia e iniziò l'attività di neurochirurgo nel 1937. Nel 1951 organizzò il primo reparto neurochirurgico in seno alla clinica neurologica di Torino. Direttore di questa clinica, nel 1956 passò a dirigere la clinica neurologica di Cagliari (dove fondò il primo centro regionale di neurochirurgia della Sardegna) e nel 1958 l'Istituto neurochirurgico dell'università di Milano (Policlinico). Fu uno dei primi chirurghi a intervenire nei casi di aneurisma e in certe forme di epilessia (Torino 1906 - Rivarolo Canavese, Torino 1989).

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Neurochirurgo.

Chirurgo specializzato in neurochirurgia.

Neurochirurgìa.

Med. - Ramo della chirurgia specializzato nell'intervento su porzioni del sistema nervoso, centrale e periferico, in conseguenza di lesioni o stati di sofferenza delle strutture nervose.

Làurea.

Ant. - Corona d'alloro con cui anticamente si cingeva la fronte degli generali vittoriosi e dei poeti, ecc. • Ord. scol. - Riconoscimento ufficiale del compimento di un corso di studi universitario, con cui si conferisce il titolo di dottore. La l. è conseguita al termine di un corso di studi universitari la cui durata varia dai 4 ai 6 anni, dopo avere superato i relativi esami di profitto e l'esame finale, l'esame di l. Questo consiste nella discussione, davanti a una commissione di docenti della relativa facoltà, su una dissertazione scritta (tesi) su un argomento attinente alle materie di studio, precedentemente sviluppata per iscritto. La l. ha solo valore di qualifica accademica; l'abilitazione all'esercizio della professione si consegue mediante un successivo esame di stato.

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Neurologìa.

Ramo della medicina che concerne lo studio del sistema nervoso, della sua struttura anatomica, del suo funzionamento, delle patologie che lo colpiscono.

Clinica.

(dal greco klíne: letto). Insegnamento pratico della medicina al letto degli ammalati. ║ Luogo di degenza degli ammalati: c. medica, chirurgica, ginecologica, ecc.

Direttore.

Chi dirige, chi ha la direzione di un istituto, di un'azienda, di un ufficio, di un'attività, ecc. ║ D. di azienda: chi sovrintende all'amministrazione tecnico-economica dell'azienda e al coordinamento delle operazioni ad un fine preordinato. ● Pol. - D. generale: funzionario preposto, nei vari ministeri, a una direzione generale. ● Mar. - D. di macchina: nella marina italiana, capo responsabile dei servizi dell'apparato motore e di altri servizi tecnici di bordo. Nella marina militare, ufficiale del Genio navale; in quella mercantile, diplomato degli istituti nautici. ║ D. di tiro: nella marina militare, ufficiale di vascello, capo del servizio relativo all'impiego delle armi. ║ D. marittimo: ufficiale del corpo delle capitanerie di porto, capo di una direzione marittima. ● Aer. - D. d'aeroporto: funzionario dell'aviazione civile preposto alla direzione e alla sorveglianza dell'attività aerea che si svolge in un aeroporto statale aperto al traffico pubblico. ● Mus. - D. d'orchestra: chi, alla guida di un complesso orchestrale, lavora al coordinamento dei singoli e assicura la fusione e la qualità dell'esecuzione. ║ D. artistico: la persona preposta, in un ente teatrale o musicale, alle scelte artistiche dei programmi e che si assume la responsabilità del loro allestimento dal punto di vista artistico. ● Cin. - D. di produzione: in ambito cinematografico, colui che rappresenta sul set il produttore, organizzando il piano di lavoro relativo a un film, fissando il piano finanziario per la produzione di esso ma non trascurandone le esigenze artistiche. ● Rel. - D. spirituale: sacerdote che funge da guida spirituale di una persona o di una comunità. ● Sport - D. sportivo: chi dirige lo svolgimento di una gara e assicura l'osservanza, da parte dei contendenti, delle norme regolamentari. È detto anche d. di gara o semplicemente arbitro. ● St. - Ciascuno dei 5 membri del Direttorio nella costituzione francese del 1795. ● Mat. - Cono d.: cono formato dalle rette condotte da un punto O dello spazio, parallelamente alle generatrici di una superficie rigata. Nel caso in cui il cono si riduca a un piano, la rigata si dice a piano d. ║ Coseni d.: parametri che indicano l'orientamento di una retta orientata su un riferimento cartesiano; sono due nel piano e tre nello spazio. ║ Numeri d.: numeri che indicano l'orientamento di una retta orientata: sono proporzionali secondo una costante arbitraria ai coseni d e, come questi, sono due nel piano e tre nello spazio.

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Università.

(dal latino universitas: totalità, universalità, der. di universus: corporazione, associazione di persone). Istituto scientifico e didattico di grado superiore che ha facoltà di conferire, a chi lo ha frequentato superando una prova finale, un riconoscimento giuridico particolare (titolo, grado accademico, abilitazione professionale, ecc.). ║ Edificio al cui interno è svolta l'attività universitaria. ║ Nel Medioevo, termine generico utilizzato per designare varie forme di corporazione o associazione. • Encicl. - Origine ed evoluzione: il mondo classico, seppur privo di istituzioni equiparabili alle moderne u., ne ospitava alcune che, per caratteristiche e organizzazione, ne prefiguravano l'avvento. È il caso, in Grecia, dell'Accademia Platonica e di alcune scuole filosofiche che assumevano la forma del tiaso (V.). A Roma sorsero invece le prime scuole di diritto che, nei secc. II-III, assunsero la forma di centri di studi giuridici nei quali venivano tenute lezioni, con programmi di durata almeno quadriennale, basate sullo studio e l'analisi di testi giuridici fondamentali. L'intervento imperiale in questo ambito si concretizzò nell'organizzazione, da parte di Teodosio II, di un'u. di Stato a Costantinopoli (425), rimasta attiva fino al 1453. Nell'XI sec. si assistette a un rinnovamento delle scuole giuridiche italiane (ricordiamo le sedi di Pavia, Ravenna, ecc.); nello stesso periodo a Salerno nacque il primo centro di studi superiori di carattere medico, la Scuola di medicina destinata a essere riordinata da Federico II nel 1231. Durante tutto il Medioevo importantissime furono le due sedi universitarie di Bologna e Parigi, sul cui modello si svilupparono le altre del periodo che si vennero formando dall'evoluzione delle scuole cattedrali o episcopali direttamente dipendenti dall'autorità del vescovo, unico titolare del potere di concedere la licentia docendi agli ecclesiastici che decidessero di esercitare l'insegnamento. Dalla fine dell'XI sec. le licenze iniziarono ad essere concesse anche a studiosi laici e alcune scuole cattedrali si aprirono all'accoglienza di studenti provenienti da regioni e Nazioni differenti. Ognuna di queste scuole, assunto il ruolo di studium generale, iniziò ad accogliere popolazioni studentesche e docenti sempre più numerose che si unirono in corporazioni (universitas) autonome dotate di proprio statuto e organizzate gerarchicamente. Anche in questo senso le due u. guida furono quelle di Bologna e Parigi. L'u. di Bologna, che, verso il 1200, all'originaria facoltà di Giurisprudenza aggiunse quelle di Medicina e Filosofia, quindi di Teologia, si organizzò intorno all'universitas scholarium, la corporazione studentesca, guidata dal rector (anch'egli studente), alla quale spettavano la nomina dei docenti e l'amministrazione e il governo dell'u. La corporazione studentesca si divise, all'aumentare della popolazione, in quattro nationes (gruppi entro i quali si raggruppavano gli studenti a seconda della provenienza) i cui capi affiancavano il rector nel governo universitario. Al modello bolognese, a cui Federico Barbarossa riconobbe, nel 1158, alcune immunità e privilegi rivolti agli studenti, si ispirarono soprattutto le u. sorte in Italia. L'u. di Parigi nacque come universitas magistrorum et scholarium (corporazione unitaria dei maestri e degli studenti) della scuola cattedrale di Notre-Dame, ma ben presto, nonostante l'iniziale guida del cancelliere (il rappresentante del vescovo), divenne appannaggio dei soli magistri. Essi si raggrupparono in quattro facoltà: delle Arti liberali (di tipo propedeutico), di Diritto canonico, di Medicina e di Teologia. La facoltà delle Arti era a sua volta divisa in nationes, delle quali facevano parte sia studenti sia maestri: Piccardi, Normanni, Galli (o Franchi), Inglesi (nel 1436 sostituiti dagli Alemanni). Ogni Nazione eleggeva un procuratore che, a partire dal 1245, venne sottoposto all'autorità di un rector il quale, col tempo, soppiantando anche l'autorità dei decani, eletti dalle altre tre facoltà, divenne di fatto il responsabile dell'intera u. e il suo potere prevaricò anche quello del cancelliere, determinando così la definitiva indipendenza dall'autorità episcopale. Elemento caratteristico dell'u. parigina era la presenza dei collegi (circa 40 nel XIV sec., 68 intorno al 1500), il più importante dei quali, la Sorbona, venne fondato nel 1257 da R. de Sorbon. L'u. parigina fu il modello sul quale si svilupparono gli atenei inglesi di Oxford (fondato nel 1167, forse ad opera di alcuni studenti espulsi da Parigi) e, successivamente, di Cambridge, istituita da un gruppo di docenti e studenti provenienti da Oxford e riconosciuta come studium generale tra il 1230 e il 1240. In generale l'accesso alla facoltà delle Arti era previsto all'età di 15 anni e la sua durata era, in linea generale, di sei anni e subordinata al superamento di alcune prove rappresentate dal baccalaureato (con il quale si aveva il diritto di tenere corsi di lezioni sotto la guida di un maestro), dalla licenza (con la quale si acquisiva il diritto all'insegnamento) e il magistero o dottorato (grazie al quale si entrava, di fatto, nella corporazione dei maestri); dopodiché era possibile accedere alle facoltà superiori (Teologia, Diritto o Medicina), anch'esse ordinate secondo gradi di esame successivi. Coloro che arrivavano ad ottenere un dottorato si distinguevano in doctores legentes, che rimanevano a svolgere l'attività docente nell'u. di provenienza, e doctores non legentes, ovvero coloro che esercitavano la professione in altra u. o istituto. Nei secc. XIII e XIV si assistette alla fondazione di numerose u. europee affiancate, nei secoli a venire, da molte altre, divenute col tempo veri e propri centri del sapere universale. Tra le più famose, ricordiamo le u. francesi di Montpellier (1228), Tolosa (1233), Orléans, Angers, Avignone; quelle scozzesi di Saint Andrews (1410), Glasgow (1451), Aberdeen (1494) ed Edimburgo (1583); quelle di lingua tedesca di Vienna (1364), Heidelberg (1385), Colonia (1388) e Lipsia (1409); quelle spagnole di Salamanca (1243), Siviglia (1254), Valladolid (1346), Huesca (1359), Barcellona (1470), Saragozza (1474); quelle portoghesi di Lisbona (1290), Coimbra (XIV sec.) ed Evora (1559); quelle belghe e olandesi di Lovanio (1426), Leida (1575) e Groninga (1614); quelle boeme e polacche di Praga (1347) e Cracovia (1364). Cambiamenti nella società e nella funzione del sapere avvenuti in epoca moderna (la Riforma protestante che spezzò l'unità della Chiesa, la formazione degli Stati nazionale, l'abbandono dell'uso del latino), incisero enormemente sulla struttura e sulle caratteristiche delle u. che persero con il tempo il loro carattere di universalità, divenendo istituzioni puramente nazionali, e la loro dipendenza dal mondo ecclesiastico, arricchendosi nel contempo di insegnamenti dipendenti dalle scoperte in ambito tecnico e scientifico. La necessità di superare le barriere nazionali in ambito culturale ha successivamente spinto le u. (e i rispettivi Governi di appartenenza) ad adottare una serie di misure che garantissero l'interscambio di informazioni e la mobilità di studenti e docenti tra atenei: in questo senso sono da intendere, tra gli altri, i programmi messi a punto dall'Unione Europea (Erasmus, Socrates, ecc.). ║ L'u. in Italia: il mondo universitario italiano, così come quello scolastico in genere, ha la sua origine nella legge Casati del 1859 che per prima ne ha regolato l'ordinamento. Originariamente fortemente centralizzata, l'u. italiana, con la riforma Gentile del 1923, riuscì a guadagnare una certa autonomia che, tuttavia, perse nel 1933 e nel 1938, quando alcune disposizioni governative ricrearono il rigido status quo che rimase fino al secondo dopoguerra. Nel 1969, con la L.11-12-1969, n. 910, iniziò un processo di riforma universitaria che ebbe come primi risultati la duplice liberalizzazione degli accessi alle facoltà da parte di chiunque fosse in possesso di un diploma di studi, e della disposizione del piano di studi personale, indipendentemente da quello previsto dai singoli ordinamenti di facoltà. Nel 1973, con il D.L. 1-12-1973, n. 580, si cercò di migliorare l'offerta didattico-formativa dei singoli atenei, ad esempio favorendo l'assunzione di nuovi docenti; il progetto di rinnovamento continuò nel 1980, con la legge delega del 21-2-1980, n. 28, cui fece seguito il decreto attuativo D.P.R. 11-7-1980, n. 382, con il quale vennero inserite, accanto alle figure dei professori ordinari, quelle dei professori associati, dei ricercatori e dei professori a contratto, esperti provenienti dal mondo extrauniversitario. Le stesse norme legislative disposero l'introduzione dei dipartimenti e del dottorato di ricerca, occupandosi inoltre di una serie di facilitazioni nell'organizzazione didattica e nella previsione di scambi interculturali tra u., enti culturali e scientifici, ecc. Nel 1982 (D.P.R. 10-3-1982, n. 162), si passò al riordino delle scuole dirette a fini speciali (per il conseguimento di diplomi non di laurea per l'esercizio di uffici e professioni), dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione post-laurea. Seguirono altri interventi, il maggiore dei quali fu quello attuato nel 1989 (L. 9-5-1989, n. 168) con lo scorporo dell'u. dal ministero della Pubblica istruzione e la creazione di un nuovo ministero, quello dell'Università e della Ricerca scientifica. Nel 1990 la L. 19-11-1990, n. 341, attuativa della riforma degli ordinamenti didattici, stabilì quali titoli di studio fossero rilasciabili dalle singole u.: diploma universitario, a seguito di corsi di durata biennale o triennale; diplomi di laurea, a seguito di normali corsi di laurea della durata di quattro, cinque e sei anni; diploma di specializzazione, conseguito al termine di corsi almeno biennali ai quali si accede dopo il diploma di laurea; dottorato di ricerca, conseguito dopo un corso post-laurea e dopo un lavoro di ricerca dall'indubbio valore scientifico attestato da una commissione di esperti a livello nazionale. Nel novembre 1999 il ministro Zecchino ha firmato il nuovo regolamento (D.L. 3-11-1999, n. 509) in materia di autonomia didattica degli atenei, con il quale si procedeva al riordino, in un'ottica europea, sia della struttura sia della modalità dell'apprendimento universitario, introducendo, ad esempio, il concetto di credito formativo universitario strettamente connesso a quello già in vigore nell'ambito dell'istruzione secondaria. La nuova articolazione dei titoli di studio rilasciati dalle u. si è trasformata nella sua parte iniziale dove, al diploma universitario e a quello di laurea, si sono sostituiti la laurea (di durata triennale) e la laurea specialistica (di ulteriori due anni successivi alla laurea). Sono rimasti invariati i già previsti diploma di specializzazione e dottorato di ricerca. ║ Le istituzioni universitarie italiane: le istituzioni universitarie attive in Italia, rappresentate nel Consiglio Universitario Nazionale (CUN), sono ripartite in u. statali (Milano, Roma “La Sapienza”, Venezia “Ca' Foscari”, ecc.), politecnici (Bari, Milano, Torino), libere u. (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Università commerciale Luigi Bocconi di Milano, Libera università internazionale di studi sociali Guido Carli di Roma, Università di Urbino), istituti universitari statali (Istituto universitario navale di Napoli, Istituto universitario di architettura di Venezia), istituti universitari liberi (Istituto universitario Carlo Cattaneo di Castellanza, Istituto universitario di lingue moderne di Milano), u. per stranieri (Perugia e Siena), scuole (Scuola normale superiore di Pisa, Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste), istituti superiori di educazione fisica (Roma, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Urbino). Tra le maggiori u. italiane ricordiamo quelle di: Bologna (1158), Padova (1221), Napoli (1224), Macerata (1290), Roma (1303), Perugia (1308), Pisa (1329), Siena (1357), Pavia (1361), Ferrara (1391), Torino (1405), Catania (1434), Genova (1471), Parma (1512), Messina (1548), Cagliari (1606), Modena (1683), Camerino (1727), Sassari (1763), Palermo (1805), Milano (1924), Firenze (1924; un'u. fu attiva a Firenze dal 1349 al 1472), Bari (1924), Trieste (1924). ║ U. popolari: sorte tra il XIX e il XX sec., le u. popolari hanno come fine ultimo la diffusione dell'istruzione superiore in ambiente non accademico e, soprattutto, nei confronti di chi non è in grado, per mancanza di titoli, di seguire un normale corso di laurea. Nate in Inghilterra, si espansero ben presto in tutta Europa, arrivando in Francia nel 1898 e in Italia, a Torino, nel 1900. ║ U. della terza età: corsi di istruzione destinati a un utenza adulta, inseriti nell'ottica della cosiddetta istruzione permanente e promossi sia da enti pubblici sia da associazioni private.

 

LE PRINCIPALI UNIVERSITÀ EUROPEE
Città Anno di fondazione
Salerno
Bologna
Parigi
Cambridge
Oxford
Padova
Napoli
Montpellier
Tolosa
Salamanca
Siviglia
Lisbona
Roma
Coimbra
Perugia
Pisa
Praga
Siena
Vienna
Cracovia
Heidelberg
Colonia
Lipsia
Saint Andrews
Lovanio
Glasgow
Basilea
Barcellona
Saragozza
Tubinga
Uppsala
Copenaghen
Edimburgo
metà XI secolo
1158
1180
1209
1214
1222
1224
1228
1233
1243
1254
1290
1303
1308
1308
1343
1347
1357
1364
1364
1385
1388
1409
1410
1426
1451
1459
1470
1474
1476
1477
1479
1583

Policlìnico.

Istituto o complesso ospedaliero per la diagnosi e la cura di malattie di diverse specie.

Neurochirurgo.

Chirurgo specializzato in neurochirurgia.

Aneurisma.

Med. - Dilatazione non reversibile di una porzione circoscritta di un'arteria. Può interessare soltanto un'arteria (a. arterioso), o anche la comunicazione tra un'arteria e una vena (a. artero-venoso). L'origine dell'a. può essere congenita (per assenza della tunica media arteriosa) o acquisita (in seguito a traumi o ad altri fattori, quali l'aterosclerosi, fenomeni flogistici, l'artrite infettiva). A seconda della forma, l'a. prende nome di cilindrico, fusiforme, cupoliforme o cistogenico. Un altro tipo di a. è il cirosideo che risulta costituito dall'intreccio di arterie allungate e dilatate. Può provocare la formazione di trombi, un'erosione delle porzioni vasali contigue ed emorragia. Comporta come complicazione più temibile la rottura di una parete.

Epilessìa.

Med. - Sindrome clinica caratterizzata da crisi convulsive ricorrenti, clinicamente polimorfe, ad espressione motoria, sensitivo-sensoriale, vegetativa o psichica, causate da un'abnorme scarica di neuroni che può coinvolgere o estendersi a qualunque porzione dell'encefalo. Fra le varie manifestazioni che integrano la sindrome epilettica si distinguono: il grande male, il piccolo male e l'e. parziale. L'e. viene distinta in sintomatica e in essenziale o idiopatica, a seconda che esista o meno la possibilità di individuarne la causa in un determinato processo anatomo-patologico. Nell'e. sintomatica le crisi derivano da una lesione organica del cervello mentre nell'e. essenziale o idiopatica il disturbo pare sia trasmesso ereditariamente in quanto non sono riscontrabili lesioni cerebrali. Nelle ricerche patogenetiche hanno particolare importanza le osservazioni anatomo-cliniche di J.H. Jackson (V.), gli esperimenti di Amantea e le ricerche eseguite col metodo della elettroencefalografia. L'accesso di piccolo male si manifesta in più forme: l'assenza (chiamata talora picnolessia), caratteristica dell'infanzia, consistente in una brevissima crisi di sospensione della coscienza e tendente a trasformarsi in crisi di grande male; le scosse muscolari involontarie senza perdita di coscienza; l'astasia, con perdita improvvisa della coscienza. L'accesso di grande male compare improvvisamente senza alcun prodromo ed è caratterizzato da crisi tonico-cloniche generalizzate con conseguente perdita improvvisa della coscienza, sospensione del respiro e cianosi del volto. Generalmente l'e. parziale è invece circoscritta ad una zona dell'encefalo; le crisi possono essere a sintomatologia elementare (motorie, sensitivo-sensoriali, vegetative) o complessa (confusionali, psicomotorie, affettive, psicosensoriali). La scarica epilettogena può tuttavia diffondersi bruscamente all'encefalo determinando una crisi tonico-clonica generalizzata simile a quella del grande male. Il trattamento classico dell'e. è basato sulla somministrazione di antiepilettici a seconda del singolo caso. La maggior parte degli epilettici, se curati adeguatamente, possono condurre una vita normale.

Rivarolo Canavese.

Centro in provincia di Torino, 31 km a Nord del capoluogo; è situato a 304 m s/m., alla destra del torrente Orco. Agricoltura (viti, frutta, cereali, ortaggi, foraggi); industrie tessili, meccaniche, alimentari e delle pelli. Conserva il castello Malgrà (secc. XIII-XV); la chiesa di San Giacomo, con campanile di origine romana; la chiesa di San Michele; il Castellazzo, resto di un'antica fortezza del XII sec. 11.976 ab. CAP 10086.

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